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Se al termine del contratto di lavoro, l’azienda non vuole pagarti le ferie arretrate, la Cassazione la bacchetta  

La Corte di Cassazione conferma: il datore di lavoro deve comunicare le ferie arretrate. Se non lo fa, le ferie non si perdono e devono essere monetizzate.


 Finalmente un po’ di chiarezza🡪 La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20035/2025, ha stabilito un principio fondamentale a tutela dei dipendenti, specialmente quelli prossimi alla pensione e con molti giorni di riposo arretrati: Spetta al datore di lavoro l’onere di provare di aver messo il lavoratore in condizione di fruire di tutte le ferie residue e di averlo informato adeguatamente sulle conseguenze della mancata fruizione.

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Gli Ermellini i hanno precisato che la materia è regolata dall’articolo 5, comma 8, del Decreto Legge 95/2012 (come integrato dall’articolo 1, comma 55, della Legge 228/2012). e deve essere interpretata in senso conforme all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva europea 2003/88/CE. E allora, cosa prevede questa direttiva? Secondo il pensiero della sempre affidabile Corte di Giustizia Europea (CGUE) il diritto ferie retribuite e all’indennità sostitutiva non si perde automaticamente senza che il lavoratore sia stato adeguatamente informato e messo in condizione di esercitare effettivamente il proprio diritto. E, non finisce qui, 🡪 questa informazione deve avvenire “tempestivamente” prima della cessazione del rapporto di lavoro.


La Corte di Cassazione è chiara sul punto: la perdita del diritto alle ferie e alla corrispondente indennità sostitutiva al termine del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto se il datore di lavoro offre una prova rigorosa di aver adempiuto a due obblighi specifici: aver invitato il lavoratore a godere delle ferie: l’invito, se necessario, deve essere formale; aver avvisato il lavoratore in modo accurato e tempestivo: il dipendente deve sapere, in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportargli il riposo e il relax cui sono finalizzate, che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

Il caso esaminato dagli Ermellini. La vicenda giunta all’attenzione della Corte riguardava un prestatore di lavoro prossimo alla pensione a cui spettavano ben 80 giorni di riposo accumulatisi negli anni. La Corte territoriale aveva omesso ogni accertamento su questi giorni, ritenendo la deduzione del lavoratore “nuova”. La Cassazione ha invece cassato la sentenza, sottolineando che il giudice d’appello avrebbe dovuto accertare in primo luogo il numero esatto di giorni di ferie ancora da godere da parte del lavoratore alla data dell’invito datoriale (luglio 2011) e, successivamente, la tempestività di tale invito, a fronte di un collocamento in quiescenza (pensione) previsto per il 17 settembre 2011.

Questo significa che il datore di lavoro non può limitarsi a “dare per scontato” che il dipendente debba chiedere le ferie. È un compito del datore di lavoro quello di monitorare le ferie residue, comunicarle chiaramente e invitare formalmente il lavoratore a fruirne, avvisandolo delle conseguenze in caso di mancata fruizione. In mancanza di questa prova rigorosa da parte dell’azienda, il diritto alle ferie (e alla relativa indennità) non si estingue, garantendo al lavoratore il pieno ristoro. La sentenza ribadisce la protezione dei diritti del lavoratore fino all’ultimo giorno di rapporto, specie in vista del pensionamento.


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